21 Set 2012
settembre 21, 2012

Jaco Pastorius

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Stefano Tacca – Psicologo Novara – Borgomanero

Il 21 settembre, nel 1987, 25 anni fa, smetteva “fisicamente” di battere il cuore di John Francis Anthony Pastorius III.
Per un appassionato di musica è una data tristemente nota, se n’è andato “il più grande bassista del mondo“, come lui stesso si definiva.
Si autodefiniva così anche prima della notorietà, anche nel 1975 presentandosi a Joe Zawinul, leader dei Weather Report, la più importante fusion band degli anni ’70.
Un delirio di onnipotenza…dirà qualche collega? Forse. Ma lui lo era, o forse lo è, il più grande bassista del mondo. E così nei Weather Report ci suonò davvero, dal 1976 al 1982.
Non si può non pensare a quella diagnosi, che per chi ascolta la sua musica non ha forse nessun valore: disturbo bipolare.
Viene da immaginarsi il più grande bassista del mondo, dopo il successo e il declino, mentre gira tra i campetti da basket nella periferia di New York, che dorme in strada, che in uno di questi campi da basket il 4 luglio del 1986 si porta l’amplificatore e il basso e si mette a suonare America the Beautiful, così…tra la gente e per la gente. E per sé stesso.
Viene naturale chiedersi come sarebbe andata senza l’alcool, la droga.
Senza un buttafuori di un locale in Florida.
Senza quella diagnosi, gli ospedali, la cura al litio.
Senza quella personalità, ostinata e fragile, avrebbe riscritto il modo di suonare uno strumento? Avrebbe spaziato dal rock, al jazz, dall’R&B alla musica classica, fino a gettare le basi della musica hip-hop di oggi?
Non lo sapremo mai.
Sappiamo solo che le “etichette” dagnostiche cambiano e si modificano nel tempo.
La sua musica resta.

Leggi la lettera di Mary Pastorius, figlia di Jaco, su suo padre e la sua malattia.

Bibliografia:
Bill Milkowski, Jaco Pastorius. La straordinaria e tragica vita del più grande bassista del mondo, Nuovi Equilibri, 2001.

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